Descrizione
«Chi ha visto le
interminabili sfilate in parata delle camicie nere, dei giovani, dei
contadini, degli operai, degli atleti, dei preti, delle monache, delle
madri prolifiche, chi ha assistito alle cerimonie nelle quali le più
alte cariche dello Stato facevano atto di devozione al regime, ed alle
dimostrazioni oceaniche nelle maggiori piazze d’Italia, alle folle
deliranti per il duce, può intendere quali sentimenti dovesse vincere
chi continuava la lotta anche dopo superata la crisi per l’assassinio
Matteotti: aveva veramente l’impressione di muovere all’assalto del
Monte Bianco armato solo di uno stuzzicadenti»
Ernesto Rossi
Stretti nella morsa fra repressione e consenso, i reduci dei partiti messi al bando e gli oppositori militanti del fascismo, ma anche coloro che erano semplicemente scettici, poco allineati o scontenti furono emarginati, incarcerati, inviati al confino, costretti all’emigrazione e sottoposti al controllo occhiuto della famigerata Ovra. Gli spazi per esprimere dissenso – con scioperi, proteste o in forme non organizzate e in ambito privato – erano limitati ed era rischiosissimo lasciarsi sfuggire anche solo una battuta di spirito, a causa delle spie e delle delazioni. A partire dai rapporti delle prefetture, delle questure e dei carabinieri, le relazioni della censura, del Pnf e dell’Ovra, i giornali, i diari e le lettere dell’epoca, gli autori ricostruiscono le storie di una minoranza di italiani che, all’indomani del delitto Matteotti e fino alla caduta del regime, continuò a esercitare il dissenso.
Mario Avagliano e Marco Palmieri sono giornalisti e storici, con il Mulino hanno pubblicato «Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte» (2014), «L’Italia di Salò» (2016), «1948. Gli italiani nell’anno della svolta» (2018, Premio Fiuggi Storia), «Dopoguerra. Gli italiani tra speranze e disillusioni» (2019), «I militari italiani nei lager nazisti» (20212), «Paisà, sciuscià e segnorine. Il Sud e Roma dallo sbarco in Sicilia al 25 aprile» (2021).